mercoledì 28 novembre 2012

CRISI DEL NORD: IL "NO" DELLE DONNE A UN INTERVENTO MILITARE


novembre 22, 2012 - 17:00 MALI

“Come mai i potenti del mondo che si preoccupano così tanto della sorte delle donne maliane e africane non ci dicono la verità sulla posta in gioco – risorse minerarie, petrolio e strategie geopolitiche – nella guerra che si sta profilando all’orizzonte?”. A interrogarsi sulle vere motivazioni di un intervento militare per risolvere la crisi settentrionale sono proprio loro, le donne del Mali – attiviste, scrittrici, artiste, esponenti della società civile – in un ‘j’accuse’ con il quale dicono con convinzione “no a una guerra per procura”.

venerdì 16 novembre 2012

Le sabbie mobili del Mali

di Andrea de Georgio

Bamako - In Mali le dune del deserto del Sahara sono diventate sabbie mobili. Una crisi politica interna che si trascina da mesi e una violenta occupazione di due terzi del territorio nazionale da parte di gruppi terroristici legati ad Al Qaeda hanno trasformato il paese nell’ombelico delle tensioni mondiali. Come dimostrato dal recente summit sul Sahel organizzato al Palazzo di Vetro di New York, la crisi che sta investendo questo grande paese africano – in passato culla di tre Imperi e in tempi più recenti modello di democrazia e stabilità di una regione tutt’altro che tranquilla – interes- sa e preoccupa diverse potenze mondiali.

Nel quasi completo silenzio dei media italiani (nonostante la fresca nomina di Romano Prodi come Inviato speciale di Ban Ki Moon nel Sahel), la peggior crisi sociopolitica che il Mali abbia mai vissu- to attraversa trasversalmente diversi piani, mischiando le carte delle potenze regionali e interna- zionali. Algeria, Qatar, Francia e Stati Uniti sono gli attori principali del grande circo che si sta muovendo intorno alle conseguenze dell’occupazione del nord del paese da parte della galassia qaedista, salafita e jhiadista. La costola maghrebina di Al Qaeda – formata dalle sigle di Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb Islamico), Mujao (Movimento per l’unicità e la jhiad in Africa Occidentale) e Ansar Addin (l’unico gruppo formato esclusivamente da elementi maliani) – ha spodestato lo sco- modo e laico ex-alleato tuareg del Mnla nella conquista delle tre regioni settentrionali di Timbouktou, Gao e Kidal sostituendo la bandiera dell’Azawad (la patria rivendicata dagli indipendentisti tuareg del Mnla) a quella nera della jhiad islamica. La graduale avanzata dei gruppi salafiti, che ha causato una crisi politica a Bamako con- fluita (e radicalizzata) nel colpo di stato militare del 22 marzo scorso, va di pari passo a un’applicazione sommaria e violenta della legge coranica.

giovedì 8 novembre 2012

AUMENTANO GLI SFOLLATI E I TIMORI PER IL FUTURO


MISNA, novembre 6, 2012 - 13:10 MALI

In due mesi è aumentato di 85.000 il numero di persone sfollate all’interno del territorio del Mali: una condizione che in tutto riguarda 203.845 cittadini del paese del Sahel. L’ultimo dato è stato diffuso dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr). Il precedente bilancio del mese di settembre, ha ricordato il portavoce Adrian Edwards, confermava la presenza di 118.795 sfollati interni. La sola capitale, Bamako ha accolto almeno 46.000 persone invece di 12.000 lo scorso luglio. Operatori umanitari e fonti di stampa maliane ricollegano l’impennata di sfollati all’insicurezza diffusa e alle gravi violazioni dei diritti umani commessi dai gruppi armati che da sette mesi hanno preso il controllo delle regioni settentrionali di Gao, Kidal e Timbuctù, ma anche alla “paura per un intervento militare imminente”, allo “scarseggiare dei beni di prima necessità” e all’ “accesso limitato ai servizi essenziali”.